martedì 30 agosto 2011

7 ore di consiglio ad Arcore per cura economica del "Paese Italia". Ovvero, come ti salvo i miei compari e ritorno ad essere il più fico.

Esternazioni precarie agli avvenimenti del "quanto sopra"

Egr. “Presidente del ConSilvio”


Oggi mi sento punito per reati che non ho commesso. 


Non riesco più a capire il senso del ”giusto e sbagliato”.


Mi vedo come anormale a confronto con quelle  persone che hanno rubato, frodato e depredato il nostro Paese, avendo poi la possibilità di “Scudare” gli illeciti proventi nascosti furbamente in paradisi fiscali.


 Mi sento anormale a confronto con quelle persone che, in un momento di crisi,  avrebbero potuto pagare un “Contributo di solidarietà” ed invece  sono riusciti ad ottenere l’annullamento del provvedimento. Forse perché se no domenica  non avrebbero giocato  a calcio?  o ancora, non l’avrebbero più Votata?  Mentre io, dal mio misero stipendio da operaio-impiegato, dovrò tirar fuori maggior denari per l’aumento della pressione fiscale ( ticket – add. Irpef comunale e regionale……. ).


Mi sento anormale a confronto con  quelle persone che, in parlamento percepiranno  la pensione dopo una legislatura  ed io invece,  dovrò lavorare 40 anni ed aggiungercene uno in più  perché l’anno figurativo di “Leva obbligatoria”  è stato oggi annullato. 


Mi sento anormale ad avere, nel mio Paese, un governante pieno di conflitti di interesse, a partire dal mondo del calcio, per passare poi dai  suoi stessi esponenti della maggioranza che lo ricattano per favori e favoretti, per andare poi a  finire nel campo dell’editoria. 


Questa sua tanto esternata convinzione di dover risolvere i problemi del “Paese Italia”, penso che non convinca più nessuno, o comunque poca roba. 
Tutti hanno capito qual’ era il suo vero scopo nello scendere in campo e quindi adesso,  penso che sia ora di “Basta”. 


Perché si vede bene  che il suo modo di pensare è  ormai fortemente influenzato dal “Membro” a Lei più caro, e che lo stesso abbia ormai preso pieno potere delle Sue facoltà principali, a volte avvalendosi anche di quei due compari ( i testicoli) che obbligatoriamente si deve portare appresso. 


Sarebbe quindi utile, per evitare che Lei  continui a  fare cazzate e dire coglionate, che cambiasse registro. 

Che scendesse veramente in campo, invece di stare sempre sopra l’ultimo gradino della scala. Ma se preferisce,  potrebbe anche risalirla tutta  e,  chiudere gentilmente  la porta  mentre  rientra da dove era uscito.


Ma penso che ciò non avverrà nel breve periodo e che quindi  , alla fine,  resterà solo Villa Certosa e il padrone di casa, con attorno deserto, deserto ed ancora deserto. 


Ed allora,  dove andrà a prenderla l’acqua? 

A.R.

lunedì 22 agosto 2011

Non c'è nessuna crisi

Un contadino ha un campo di grano e produce pasta e pane. Un secondo contadino ha un frutteto. Un allevatore ha un gregge di pecore e produce latte e formaggi. Un artigiano realizza mobili in legno, un altro fila la lana e tesse indumenti.
Quello che ha il pane ne scambia una parte con il formaggio dell’allevatore e con i maglioni del secondo artigiano. Quello che ha la frutta ne scambia un po’ con un tavolo e quattro sedie, e con qualche chilo di pasta. Ognuno produce qualcosa e tutti insieme hanno le cose essenziali per vivere. La natura, del resto, nel medio termine si può considerare prevedibile: se un anno c’è meno frutta, l’anno dopo ce ne sarà di più.
Arriva uno speculatore che, promettendo di scambiare nuovi beni, si prende un po’ di pane, un po’ di frutta, un po’ di latte e un po’ di formaggio. Non restandone più a sufficienza per tutti, scambia quello che ha preso con chi ne ha bisogno ma, data la scarsità di beni che ne deriva, pretende da ciascuno un corrispettivo maggiore di indumenti, di sedie, di pane, di formaggio… Se l’allevatore, mettiamo, non riesce a far fronte alle richieste, perché non dispone di risorse sufficienti a coprire l’aumento artificiale del fabbisogno, lo speculatore gli concede lo stesso il pane e tutto il resto, ma lo impegna a versare l’ammanco ipotecando il formaggio che non è ancora stato prodotto. Lo indebita.
Arriva un secondo speculatore e si prende la restante parte della produzione locale. I contadini, gli artigiani e l’allevatore accettano, perché hanno bisogno di compensare la carestia indotta, cercando di produrre di più e di entrare subito in possesso di ciò che viene improvvisamente loro a mancare.
A questo punto, tutti i beni disponibili sono nelle mani dei due speculatori, i quali sono liberi di decidere come, a chi e per quanto scambiarli. Fanno i prezzi, esigono sempre di più e indebitano progressivamente i contadini, gli artigiani e l’allevatore che ora non producono più per vivere, ma vivono per produrre una quantità sufficiente, sempre maggiore, di cibo e di beni, che possa soddisfare le richieste degli speculatori.
Con l’arrivo di un terzo speculatore, proveniente da terre lontane, che a sua volta ha indebitato altri artigiani, altri allevatori e altri contadini, i tre iniziano a riunirsi periodicamente per scambiarsi i debiti dei produttori, scommettendo sulla loro capacità di ripagarli con perseveranza, senza morire di inedia. Senza fallire.
Quando gli speculatori, tra di loro, esagerano con le speculazioni, scommettendo sulla capacità di ripianare il debito di un allevatore che muore di infarto, per esempio a causa dell’eccessivo lavoro, perdono parte dei loro crediti, che poi sono i debiti di chi produce i beni reali. Così dichiarano ufficialmente l’apertura della crisi. Lo stato di crisi, dicono, richiede ai contadini di produrre più grano e più frutta, agli allevatori di produrre più latte, agli artigiani di fabbricare più tavoli e più indumenti e così via. Altrimenti verrà loro richiesto di saldare i loro debiti immediatamente, e poiché è chiaro che non possono farlo, le loro fattorie verranno espropriate, i loro allevamenti confiscati e moriranno di fame.
Ma la crisi non è dei contadini, che continuano a produrre il grano e la frutta che producevano all’inizio. Non è degli allevatori, che hanno sempre lo stesso numero di pecore, anzi di più, e dunque producono la stessa quantità di formaggi e di latte. Non è di chi fabbrica i mobili sempre alla stessa maniera, né di chi tesse indumenti esattamente come faceva una volta. No: sono gli speculatori ad essere in crisi, non i produttori. E’ il loro meccanismo di inflazione programmata dei prezzi per i beni di prima necessità ad essersi gonfiato fino ad esplodere. La loro ingordigia, il loro universo artificiale, il mondo parallelo e immaginario che hanno costruito accanto a quello reale: è tutto e solo questo ad essere andato in crisi.
Finì che i contadini, gli allevatori e gli artigiani mandarono affanculo gli speculatori e ricominciarono a scambiarsi il pane, il latte, il formaggio, i mobili e i vestiti tra di loro, lasciando gli speculatori al loro meritato destino.

giovedì 4 agosto 2011

Papa Ratzinger e la denuncia per crimini contro l’umanità. Dalla Corte penale internazionale dell’Aja il silenzio è assoluto

 Nulla si è più saputo della denuncia a carico di Papa Benedetto XVI per crimini contro l’umanità che lo scorso febbraio era stata inoltrata alla Corte penale internazionale dell’Aja da due avvocati tedeschi.

A dire il vero nemmeno a febbraio questa denuncia aveva fatto molta notizia. Perlopiù era stata ignorata, salvo quale eccezione.

L’accusa proferita dai due avvocati germanici contro il Pontefice punta il dito contro “il mantenimento e la leadership di un regime mondiale totalitario di coercizione, che sottomette i propri membri attraverso minacce terrificanti e pericolose per la salute, di adesione a un divieto mortale dell’uso di preservativi, anche quando esiste il pericolo di infezione dell’Hiv-Aids e della costituzione e il mantenimento di un sistema mondiale di copertura di crimini sessuali commessi da preti cattolici e il loro trattamento preferenziale, che aiuta sempre a nuovi crimini.”

Denunciare il Papa nientemeno che alla Corte penale internazionale dell’Aja (quella, per intenderci dove sono a processo i criminali della guerra nell’ex Jugoslavia) rileva di a) un grande senso dell’umorismo, b) una grande incoscienza e c) uno sprezzo del pericolo.
Uno sprezzo del pericolo perché la Storia ha più volte mostrato quanto sia grande il potere del Vaticano e quanto sia radicata la sua mancanza di scrupoli verso chi si oppone agli interessi della Chiesa. Una grande incoscienza, se non addirittura una grande ingenuità, perché il Papa e la Chiesa sono intoccabili. Lo abbiamo visto anche nella vicenda dei preti pedofili: tanto rumore, tante polemiche e poi più niente. Tutto è stato messo a tacere.
E infine un grande senso dell’umorismo perché è ridicolo pensare che una qualsiasi istituzione europea o mondiale chieda ad un Pontefice di rendere conto dei suoi atti.

Papa Ratzinger è un personaggio che nonostante la sua immensa intelligenza e la sua grande sensibilità (molto ben nascosta dietro la facciata di una rigida educazione) suscita poche simpatie. Sin dalla sua elezione nell’aprile del 2005 è stato impietosamente paragonato al suo predecessore, Papa Giovanni Paolo II. Un paragone dal quale il rigido Joseph Alois Ratzinger esce ogni volta perdente. Vi sono poi le critiche per la sua appartenenza alla Hitler-Jugend, la Gioventù nazista di Adolf Hitler. Ci sono le polemiche del recente scandalo dei preti pedofili, una vicenda che è stata commentata come se la colpa fosse tutta sua. Il Papa tedesco è un Papa che non piace, bisogna prenderne atto.

Le accuse dei due avvocati suoi connazionali sono probabilmente state fatte sparire e ai due temerari sarà stato consigliato di tenere un profilo molto basso. Accuse che molto somigliano alle farneticazioni del “stragista” norvegese Anders Breivik, che nel suo manifesto di 1500 pagine definisce Ratzinger “il più grande mostro dalla fine della Seconda guerra mondiale”.
Breivik però critica la Chiesa in generale. Ad esempio a Giovanni Paolo II rimprovera di aver baciato il Corano in pubblico, una colpa gravissima, mentre l’insieme del clero “va estirpato, in quanto i preti sono i più strenui difensori dell’Islam”.


A. Rumi